sabato 26 marzo 2011

Il Rito

Un uomo solitario cammina nervoso sull'altopiano brullo.
Il suo sguardo spazia tra cielo e terra come se cercasse qualcosa di preciso.
Il cielo grigio copre il paesaggio come una densa coltre di cenere.
Improvvisamente l'uomo sembra scorgere una sagoma che si confonde in lontananza.
L'uomo tradisce una inquietudine profonda, accelera il passo e si dirige spedito verso di essa.
Ed ecco comparire un promontorio ruperstre sulla cui cima si erge maestoso un'olmo.
I passi diventano più grevi, il battito aumenta, la meta si avvicina sempre più.
L'uomo percorre gli ultimi metri che lo separano dall'agognato albero con crescente smania, consapevole che sta per sgravarsi del peso che palpabilmente lo opprime da tempo.
Il rito, antico di millenni, sta per compiersi.
Si guarda intorno, si accerta di essere solo.
Finalmente può procedere.
Ecco, egli impugna lo scettro che, come per magia, inizia a stillare oro, che si deposita ai piedi del grande tronco.
Quale sarà l'arcano significato di questo rito?
Solo il vento che debole scherza tra i rami solleticando dolcemente le foglie può azzardare una risposta.
L'uomo si volta, il suo viso ora è sereno, disteso, quasi gaudente.
Si ferma un attimo a guardare il brullo paesaggio circostante, ma ode dei rumori provenire dall'altipiano.
Ora è all'erta.
Un leggero scalpiccio sull'acciottolato ed ecco spuntare un bastardo, che sale nervosamente verso di lui.
Il cane lo osserva e l'uomo ricambia lo sguardo.
Si avvicina, fiuta l'aria intorno, annusa il terreno benedetto su cui sorge l'olmo...
poi si avvicina al tronco, proprio dove l'oro è colato...
solleva una zampa... e compie anch'esso il medesimo rito!
Ora cane e padrone, nuovamente liberi, possono proseguire tranquilli nel loro cammino...

sabato 19 marzo 2011

Nucleare... riflettiamoci...

Sull'onda emotiva di quanto sta accadendo in questi giorni in Giappone sarebbe semplicissimo dire "Nucleare, No Grazie".
Tuttavia, proprio per evitare di banalizzare e scegliere una soluzione preconfezionata dagli eventi, ho preferito approfondire l'argomento.
In prima istanza ho cercato di capire quali potessero essere vantaggi e svantaggi evidenti del nucleare, come soluzione energetica e poi ho provato a collocare il tutto nel "sistema Italia".
Partirei dallo slogan che il nucleare è "energia pulita", poichè non produce CO2, causa di inquinamento, surriscaldamento del pianeta, ecc. ecc.
Questo è certamente vero se consideriamo una centrale a regime.
Tuttavia è bene individuare il ciclo di vita di una centrale, che prevede circa 10 anni per la costruzione/attivazione, circa 30/40 di operatività e altri 10/20 per il ciclo di smaltimento delle scorie e dismissione dell'impianto.
Alcuni studi sembrano aver individuato che l'intero ciclo di vita di una centrale (attività di costruzione e gestione) porterebbe comunque alla produzione di circa 1/3 di CO2.
Inoltre, il termine "pulita" va a sbattere contro il muro dei residui di lavorazione, le cosiddette scorie, che sono fortemente nocive, richiedono aree di stoccaggio sicure e un costoso processo di smaltimento.
Un altro aspetto fortemente propagandato mette in evidenza come l'utilizzo di centrali nucleari possa contribuire all'autonomia energetica del paese (indipendenza da approvigionamenti di gas e petrolio) e maggior stabilità economica (sistema non influenzato dalle oscillazioni nel prezzo di gas e petrolio, materie prime che notoriamente sono detenute da paesi con contesti socio-politici instabili), fornendo la possibilità di un costo più basso per l'energia erogata.
Tuttavia occorre riflettere sul fatto che anche le centrali nucleari hanno bisogno di combustibile, che si chiama Uranio ed è anch'esso un elemento presente in natura che avrà tendenza ad esaurirsi nel tempo.
Quindi, per tutti i paesi che non avranno la possibilità di estrarre uranio in autonomia, ci sarà ancora una forte dipendenza dai paesi produttori di tale materia prima e quindi nel medio periodo si potrebbe incorrere nel fenomeno di un aumento dei costi legato all'andamento del mercato dell'uranio.
Inoltre, bisogna prestare attenzione all'ipotesi di costi più bassi per l'energia. Spesso si cita il modello francese, ma non si tiene conto che in esso non sono inizialmente (e volutamente) stati contemplati i costi per lo smaltimento. Quando, a breve, anch'essi entreranno nella bolletta energetica francese, forse la tanto decantata convenienza mostrerà i suoi limiti.
Un altro aspetto critico sono i costi di realizzazione e di manutenzione di una centrale.
Detto sopra del suo lungo ciclo di vita, è difficile preventivare un costo iniziale e poi rispettarlo. Ci sono tanti esempi di centrali attive i cui costi di realizzazione sono cresciuti nettamente via via che le opere progredivano.
Ora, se io fossi un investitore, volendo comunque realizzare un guadagno dal mio investimento, cosa farei?
Per contrastare i costi iniziali più alti potrei risparmiare in seguito su spese di gestione (es: sicurezza, stoccaggio, smaltimento,...) e/o tenere più alti i prezzi dell'energia venduta.
Una centrale si colloca necessariamente su un territorio. Quali popolazioni risulterebbero "felici" di vivere accanto ad una centrale nucleare? Non è assolutamente vero che una centrale nucleare ha un impatto ambientale minimo, perchè stravolgerebbe necessariamente l'area intorno a cui si troverebbe, sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale.
Immaginate di abitare in un paese dove le autorità hanno deciso di impiantare una centrale a pochi chilometri da voi. Penso che la prima cosa che vi passi per la testa sia di vendere casa e traferirvi altrove. Ma chi ve la comprerebbe? E a quale valore? E non potendo fuggire, quale impatto psicologico avrebbe su di voi questo evento?
Per cui, nel momento in cui qualcuno avrà deliberato che sorgerà una centrale nucleare in un territorio, quel territorio ed i suoi abitanti sono comunque marchiati negativamente.
Detto questo, perchè tanta enfasi sul nucleare e non sulle energie rinnovabili (solare, eolico,...)?
Ormai l'evoluzione tecnologica ha dato un impulso decisivo a queste nuove fonti di energia, tanto che il costo per Kv del fotovoltaico sembra ormai essere inferiore a quello del nucleare.
Perchè allora non spingere sulle energie rinnovabili e sostenibili?
Proviamo ad immaginare questo scenario: ogni abitazione è dotata di pannelli solari altamente efficienti che le garantiscono piena autonomia energetica (senza prendere in considerazione la possibilità di rivendere poi energia in eccesso...).
Significherebbe che non avremmo più bisogno di allacciare contratti con le società monopolistiche dell'energia.
E secondo voi, queste società investirebbero e spingerebbero su tecnologie che potrebbero privarle poi di sostanziosi ritorni economici?
Il sole e il vento sono a disposizione di tutti... nessuno potrebbe alzare il prezzo di un tale sistema di approvigionamento energetico palesando sfuggenti ragioni di natura socio-politico-economica.
Viceversa una centrale nucleare ed il suo carburante possono essere monopolio dei grandi gruppi industriali che poi possono giocare su una varietà infinita di fattori per aumentare le tariffe a loro beneficio.
Pensiamo al mercato complessivo in gioco intorno ad una centrale.
Un immenso cantiere decennale (o più) su cui si possono buttare centinaia di aziende, ognuna con i propri obiettivi ed i propri margini. Certo, da un punto di vista occupazionale può sembrare anche positivo, ma pensiamo a come sono sempre state gestite queste opere faraoniche nel "sistema Italia". Quali aziende parteciperebbero? Non mi stupirei se buona parte fossero proprio quelle legate alle cosche istituzionali (Mafia, Ndrangheta e Camorra) che ormai sono parte del tessuto socio-economico italiano e che operano a stretto contatto con politica ed economia. E per aziende di questo tipo la sicurezza di cose e persone e l'efficienza starebbero ai primi posti? Non è forse un bel banchetto a cui partecipare e mangiare lautamente, magari con zero spese?
Per quanto visto negli ultimi 40 anni, non avrei alcuna fiducia nel sistema Italia e sarei terrorizzato di sapere che una centrale nucleare potrebbe essere costruita con materiali di scarto, tecnologie di serie B o con tanti piccoli "sconti". Accorgersene quando è troppo tardi e dibattere demagocicamente risulterebbe devastante e assolutamente inutile.
Di fatto, mi sembra che il piano di rilancio del nucleare sia una pura scelta di business.
Non per nulla c'è già un accordo tra Enel e la francese EDF per la costruzione di 4 centrali congiunte, e la visione di questi grossi gruppi è quella di far fruttare gli investimenti andando poi a vendere tecnologia nucleare nei paesi economicamante deboli (sud est asiatico, africa,...), con tutto quello che questo comporta dal punto di vista della sicurezza mondiale.
Di fatto, a nessuno di coloro che possono decidere le sorti dei comuni mortali importa realmente nulla di ambiente ed energia. Ciò che veramente conta è il business. Individuato un filone potenzialmente redditizio ci si infila a scapito di qualsiasi altra considerazione.
Per chiudere, vorrei dire che questa disamina nasce come frutto di attenta lettura di fonti di diversa connotazione, svolte a titolo personale e tante riflessioni e metabolizzazioni individuali, che ovviamente mi portano a pensare come la scelta del nucleare non sia in realtà così vincente come si vuole sostenere.

martedì 15 marzo 2011

Telma e Luìs - I Ravioli

Quella sera Telma era in ritardo.
Parcheggiò la sua Duna grigio ratto in un battibaleno, con una sola manovra, frenata, retro e zac... fermi tutti.
Chiuse il bolide a doppia mandata e mise sulla sua fiancata il solito cartello "Se la sfiori, Telma vede... e provvede".
Poi aprì il cancello di casa.
Luis era ai fornelli.
L'arrivo con frenata non prometteva nulla di buono... ma lui era calmo, perchè immaginava di aver preparato una cenetta deliziosa... e sapeva che Telma si quietava sempre di fronte ai suoi manicaretti (forse se fosse stato in grado di leggere nei pensieri di Telma avrebbe avuto un'altra opinione dei suoi manicaretti...).
Ma quel giorno i notiziari trasmettevano le tragiche notizie di una centrale nucleare in avaria e probabilmente Luis si è un pò troppo immedesimato nel suo idolo, Homer Simpson.
Quando si accorse di aver esagerato col sale, pensò subito "...la fusione del nocciolo... oh mio dio!"
Quindi con una manovra ardita e con spirito intrepido prese una brocca d'acqua per salvare brodo e ravioli.
Telma spalancò la porta di casa ed il suo sguardo da wonder woman spaziò a 360 gradi sulla cucina.
La sua supervista le fece immediatamente notare il colorito malaticcio di ciò che bolliva in pentola.
Tempestivamente chiese informazioni sulla manovra disperata di Luis per salvare il reattore N.1, ma subito si rassegnò al triste destino.
Nel momento in cui i ravioli furono versati nei piatti, Telma ebbe la certezza che quei poveri esserini che la guardavano mezzi annegati non potevano che essere il risultato di una mutazione genetica dovuta ad un eccesso di radiazioni, che il buon Luis/Homer non era riuscito ad evitare.
Più che ravioli sembravano delle meduse imbottite, con problemi alla vescica.
Lo spirito materno di Telma prevalse e non riuscì ad ingurgitare che pochi corpicini sfatti.
Luis, con l'orgoglio tipico del macho della Sierra, finse di gustarseli amabilmente, ma quando nella brodaglia primordiale navigavano ancora alcune masse aliene, un groppo in gola ed un principio di conato lo indussero a smettere.
Fu così che ancora una volta la povera Telma, invece di coricarsi satolla e di sognare torme di maschi che ronzavano sbavanti dinanzi alle sue forme, fu costretta a rappresentare oniricamente dozzine di flaconi con la scritta "veleno" e Luis davanti ad essi, indeciso su quale scegliere come colluttorio...

lunedì 14 marzo 2011

Toglietemi tutto ma non il pici...


Noo... padre.... non puoi farlooo!!!!
Non ci vengo in vacanza a Canosa!!!!
La zia Concetta mi strafoga di orecchiette cime di repa.... che mi viene l'indiggestione...
Non c'ha manco la uairless...
E come faccio con iutubb, feisbuc, guglle???
E poi sto completando il daunlodd degli emmeppittre di Mario Merolaaa.....
Guarda che ti sputtanno su uichilic...

domenica 13 marzo 2011

Storie di un vecchio molo

Mi chiamo Pier e sono un antico molo, un promontorio artificiale che l'uomo ha edificato per unire due elementi così dissimili come terra e mare.
Quante persone si sono accalcate su di me, quante sensazioni e sentimenti multiformi ho sentito scorrermi addosso.
Ho visto famiglie, costrette a lasciare la propria terra per cercare fortuna altrove, guardare la nave che li attendeva come un condannato aspetta la morte sul patibolo.
Sono stato attraversato da ragazzi in divisa armati di entusiasmo e propaganda, che nascondevano le proprie intime paure dietro a sorrisi forzati, regalati a persone care che non li avrebbero più rivisti.
Ho osservato facce stranite sbarcate in un luogo alieno, guardarsi intorno come esploratori approdati in un continente vergine e incontaminato.
Ho udito il triste lamento di bambini per un nonno che salpava per tornare a casa, consapevoli forse che non avrebbero più ascoltato i suoi splendidi racconti.
Le mie tavole di legno hanno contato milioni di passi, pesanti per il bagaglio ed un peso al cuore, gioiosi e leggeri per un viaggio romantico o semplicemente anonimi e impalpabili come quelli di spettatori indifferenti.
Fra tutte le migliaia di storie quotidiane che avrei da narrare ce n'è una in particolare che mi è rimasta impressa.
Ricordo una fredda mattina di dicembre.
Ero completamente deserto, avvolto come un sudario da una nebbia che celava completamente il mondo circostante.
Solo alcuni striduli lamenti di gabbiani laceravano il silenzio quasi religioso di un alba prossima a sorgere, ma riottosa a mostrarsi a sguardi indiscreti.
D'un tratto odo rumori soffusi provenire dalla terraferma ed un incedere di passi eleganti, sicuramente di donna.
Avvolta in un nero e caldo cappotto, perfettamente adatto alla sua figura, avanzava decisa verso il punto di approdo.
Il suo viso, incorniciato da lunghi capelli biondi, trasmetteva impazienza, accentuata da due splendidi occhi verdi che scrutavano ansiosi al di là della nebbia, verso il mare.
Mentre un lucore tanto tenue quanto quello di una lucciola in una brumosa sera d'estate si avvicinava dal mare, dalla parte opposta alcuni passi decisi si posavano sull'assito.
Nonostante la giubba pesante, si intuiva il fisico esile di un un uomo minuto, che avanzava con circospezione verso la sagoma bionda che fissava il muro di nebbia in trepida attesa.
Ed è stato allora che ho sentito.
Ho udito lo strazio in fondo all'anima di quell'uomo, echeggiare come un boato in una valle solitaria.
Ho sentito vibrare ogni singola tavola, percorsa da una struggente malinconia.
Non ero più legno e corda e chiodi, ma un fascio vivo di terminazioni nervose che acuivano la propria sensibilità via via che le due figure si avvicinavano.
Ed ecco il momento.
Furtiva come una faina, l'imbarcazione accosta bruscamente, trasmettendomi dolore per l'impatto.
Si intravvede un uomo alto, deciso, sicuro, che invita la donna a salire.
L'uomo minuto è ormai giunto a pochi metri da lei e la chiama con una dolcezza ed una tristezza che si annidano ancora in me e che il tempo non ha più rimosso.
Lei si volta, sbigottita, non aspettandosi questo fuori programma.
Per un attimo, ma non saprei dire quanto lungo, il tempo si è fermato.
Anche i gabbiani sono silenti, come se telepaticamente si fossero accordati sul rispetto dovuto al momento in atto.
I loro occhi si fissano intensamente e la loro vita sembra magicamente fluire dai loro corpi e proiettarsi sul telo di nebbia, come un cinematografo improvvisato, sicchè io ho potuto essere l'unico inanimato spettatore di quella drammatica rappresentazione.
Non so come (sono un molo... rammentate?), ma ho pianto.
E come dimenticare il finale...
Lui dichiara molto candidamente di amarla, con una sincerità così cristallina da annichilire la nebbia circostante, e lei, abbassando mestamente uno sguardo raggelante, si congeda con un semplice "mi dispiace", afferrando la mano dell'uomo a bordo e varcando così il limite del non ritorno.
In pochi attimi la sagoma della barca scompare alla vista lasciando l'uomo minuto solo col suo dolore.
Tutto è fermo, immobile, come in devota preghiera, in attesa che le lacrime possano fluire copiose e cadere con la forza d'urto di meteoriti scagliati dal cosmo più profondo.
Quando alcune di esse si sono schiantate sul pontile rompendo un silenzio innaturale, hanno portato con se il fragore del mare che si infrange sugli scogli nelle giornate di tempesta, il salmastro sapore dell'amore tradito, la potenza del tuono che diffonde lo strazio e la rabbia del lampo che squarcia la notte come un nero drappo troppo teso.
In ogni mio anfratto, attraverso i nervi scoperti, come olio bollente ho sentito scorrere l'amore, grande, unico, irripetibile e l'immensa sofferenza per la sua perdita.
Non so esattamente cosa sia, ma so con assoluta certezza che in quel momento ho provato pietà.
E a pietà si sono mosse anche forze che non saprei mai descrivere o rappresentare, ma che, statene certi, è meglio avere a favore che contro.
In un clima divenuto irreale, la nebbia si è infittita a tal punto da farmi perdere la consapevolezza di esistere, stringendo tutto in una plumbea morsa d'acciaio e proiettandomi in dimensioni del tempo e dello spazio che sfuggono ad ogni pensiero razionale.
Improvvisamente, come risvegliatomi da un lunghissimo sonno, non ho più sentito la presenza dell'uomo, ma ho percepito un flebile e serico fruscio d'ali materializzarsi sopra di me e volare verso il mare, rischiarato dal bagliore ambrato delle lanterne, schierate come un picchetto d'onore e accompagnato dal coro garrulo dei gabbiani, un melanconico ultimo requiem per un amore senza confini.

sabato 12 marzo 2011

Destino2 - Predestinazione e Libero Arbitrio

Visti i quasi 2 anni di assenza dal blog, ho avuto tempo per riflettere...

Ricollegandomi al post precedente ("Destino") ho elaborato un modello che potrebbe unire i concetti di predestinazione e libero arbitrio, di per sè antitetici.
Supponiamo che siano predeterminate sia la nostra data di nascita che quella di morte e immaginiamo che esse siano 2 punti A e B in uno spazio.
In pratica, immagino la nascita come lo sviluppo di un cunicolo stretto che via via si allarga ad imbuto e tale imbuto, passata la metà dell'esistenza, si restringe convergendo verso il punto B.
La nostra esistenza è dunque descritta da un doppio imbuto, la cui ampiezza è maggiore quanto più lunga sarà la nostra vita. Ma nello spazio all'interno dell'imbuto siamo liberi (libero arbitrio) di scegliere tutte le posizioni spazio-temporali consentite.
Più ampio è lo spazio, più grande sarà la libertà di scelta.
Di fatto, nel cammino spazio-temporale di una vita siamo noi stessi gli artefici delle scelte che ci posizioneranno via via in punti differenti. L'unico vincolo sono le pareti dell'imbuto.
Naturalmente questa libertà si affievolisce in prossimità degli estremi temporali, poichè lo spazio-tempo divergente/convergente in un punto garantisce minimi gradi di libertà.
Ad ognuno di noi vengono forniti 2 punti in uno spazio-tempo e li si colloca la nostra vita. In prossimità della nascita e della morte la nostra libertà di scelta è più limitata e cresce/decresce col passare del tempo.
Una persona con una vita medio-lungo avrà la possibilità di esercitare arbitrariamente le scelte che ne condizioneranno l'andamento, fino all'approssimarsi del punto di morte, dove necessariamente le scelte saranno ristrette per la convergenza dell'imbuto.
Pensiamo ad un bimbo che muore dopo pochi giorni... il doppio imbuto sarà così ridotto da non consentire gradi di libertà.

In parole povere, esiste quello che chiamiamo Destino in quanto esso determina il nostro inizio e la nostra fine. Ma tutto il resto è completamente a nostra disposizione... siamo noi che scegliamo come vivere...
In pratica, potremmo dire che il libero arbitrio che permea la nostra vita collassa nella predestinazione in prossimità della nostra nascita e della nostra morte.